Definizione
La tecnica dello stampaggio è più antica dell’ età del bronzo. L’uomo cacciatore portava sempre con sé uno stampo (in pietra o metallo) di punte di freccia, che gli permetteva di colarne delle nuove, a seconda delle sue esigenze. L’uso degli stampi era già diffuso nelle culture della creta, per riprodurre il vasellame.
Lo stampo è l’insieme di elementi in materiale appropriato (gesso, gelatina, argilla, ecc.) delimitante un’impronta destinata a ricevere una sostanza allo stato liquido o pastoso che, dopo la solidificazione, prende la forma di questa impronta e riproduce la scultura che è servita da modello. Lo stampo è composto da uno o più elementi. E detto monoblocco quando l’impronta non è frazionata.
L’impronta è la cavità dello stampo corrispondente alla forma esterna del modello. Alle parti convesse del modello corrispondono delle concavità nell’impronta e viceversa. Il principio dello stampaggio è sempre identico, qualunque sia il materiale utilizzato per realizzare lo stampo. Si fa uno stampo negativo (femmina) attorno al pezzo originale, che viene in seguito estratto. Le parti dello stampo vengono riassemblate (quando non si tratta di un monoblocco) ed il materiale del quale sarà costituita la copia o positivo viene colato nello stampo. Questo materiale prende l’impronta dello stampo, indurisce in un certo arco di tempo e viene infine sformato. Lo stampo qualche volta deve essere distrutto per permettere l’estrazione della copia. Esistono stampi rigidi e stampi flessibili.
Gli stampi flessibili possono essere realizzati con diverse sostanze: gelatina, caucciù, agar-agar, ecc. Sono spesso ricoperti all’esterno da una cappa rigida (in gesso o poliestere). Possono essere monoblocco (in lattice) o costituiti da due pezzi.
Gli stampi rigidi (in gesso, in poliestere) possono essere costituiti da uno o due pezzi (se la scultura da riprodurre è semplice) ma spesso sono composti da vari elementi che devono essere circondati da cappe per permettere di ritrovare il loro posto quando vengono riassemblati, dopo che si è sformato l’originale. ‘(Per fare un esempio, una figura esige una quindicina di pezzi in gesso, senza contare le cappe).
Lo stampo a forma perduta: è destinato ad essere rotto quando viene sformata la copia. Può dunque servire una sola volta. Presenta il vantaggio di ridurre il numero di pezzi dello stampo a due solamente e, di conseguenza, riduce anche il numero dei contorni sulla superficie della copia. (I contorni sono le piccole tracce in rilievo che corrispondono agli interstizi tra i pezzi dello stampo). Lo stampo a forma perduta, quando viene realizzato attorno ad un modello originale, permette il tiraggio di un esemplare unico che prende il nome di copia originale.
Lo stampo a buona forma: questo tipo di stampo può essere riutilizzato un certo numero di volte. Permette la riproduzione in serie di uno stesso modello poiché non viene distrutto quando la copia è sformata. In questo caso le copie vengono chiamate «di serie». E questo il caso degli stampi in gelatina o in silicone i quali, essendo flessibili, non comportano alcun problema nel momento in cui si sformano le copie. E ugualmente il caso degli stampi a pezzi, in gesso o poliestere: questi stampi sono composti da numerosi elementi che si aggiustano gli uni con gli altri e sono tenuti insieme per mezzo di cappe. Ogni pezzo può essere tolto senza danneggiare l’originale: sono detti di «spoglia».